Soppressioni a Firenze

La Rivoluzione Francese ebbe tra le sue caratteristiche un profondo anticlericalismo. In questo periodo i poteri civili delle varie zone geografiche si assunsero, con lotte più o meno acute con il clero locale (un fermo oppositore fu, ad esempio, l’Arcivescovo di Prato Scipione di Ricci), il diritto di potersi appropriare di tutti i beni mobili e immobili degli enti ecclesiastici.

In Toscana questa operazione avvenne in tre periodi distinti tra loro:

Soppressione Leopoldina (o delle Compagnie Religiose soppresse) - 1780-1790: Attuata da Leopoldo di Lorena nei confronti delle Compagnie, associazioni assistenziali a metà tra il laico e il religioso: non appartenevano a nessun ordine ecclesiastico, ma si riunivano in luoghi religiosi e svolgevano attività affini alla Chiesa. Queste associazioni raggiunsero nel ‘700 un numero tale di iscritti da essere considerate dei possibili focolai rivoluzionari ed erano visti con sospetto da parte del potere centrale. Le Compagnie spesso risalivano ad origini antiche, medievali e altomedievali, e supplivano ad una carenza di attenzione, molto viva e avvertita, agli aspetti umanitari. Infatti le corporazioni si occupavano degli aspetti organizzativi, ma trascuravano quelli umanitari; erano quindi queste associazioni che svolgevano alcune attività come pagare il funerale a chi non poteva permetterselo, difendere i condannati ingiustamente e simili.

Esistevano anche Compagnie composte da lavoratori stranieri che, richiamati in Italia dalla possibilità di svolgere un gran numero di attività (come ad esempio la tessitura), avevano la possibilità di ottenere un peso rilevante all’interno della società proprio riunendosi in queste organizzazioni. Queste Compagnie ‘forestiere’ furono committenti di molte opere d’arte, anche importanti, come ad esempio numerose pale d’altare delle chiese fiorentine.

Con la soppressione Leopoldo di Lorena incamerò tutti gli immobili e i loro contenuti per ciò spesso è difficile capire per quale luogo una certa opera sia stata creata in origine. Fu istituita una magistratura apposita, la Magistratura del Patrimonio Ecclesiastico, che doveva provvedere all’amministrazione e allo smistamento degli oggetti requisiti, ma nonostante ciò queste attività si svolsero con grande disordine: tutto fu accumulato in depositi (il più grande in Via della Colonna), sottoposto ad una selezione (molto approssimativa ed effettuata con criteri soggettivi) e collocato infine in vari musei pubblici. Il materiale scritto andò invece a costituire biblioteche ed archivi pubblici (anche in questo caso ci furono molte mescolanze); il fondo relativo si chiama ‘Fondo delle Compagnie religiose soppresse’.

Leopoldo di Lorena provvide poi a costruire Chiese e Parrocchie fuori dalle mura cittadine e le arredò recuperando oggetti confiscati dai vari magazzini. Questo costituisce difficoltà notevoli per gli storici dell’arte che devono ricostruire i vari passaggi di un determinato manufatto. Gli edifici requisiti vengono preposti ad altri usi: caserme, carceri… Oltre alle Compagnie furono colpiti dalla Soppressione alcuni ordini religiosi, i più importanti dei quali furono i Cistercensi(che avevano sede principale nella Badia di Settimo e aveva appoggi cittadini nelle chiese di Cestello e di Santa Maria Maddalena dei Pazzi), i Celestini (che avevano sede nella Chiesa di San Michele dei Visdomini) e i Teatini (che avevano sede nella Chiesa di San Gaetano).

Soppressione Napoleonica - 1800-1810: Napoleone soppresse gli altri ordini religiosi rimasti: Francescani, Domenicani, Gesuiti, Certosini ecc.. Il fondo dei documenti si chiama ‘Fondo dei Conventi soppressi dal Governo francese’ ed è più ordinato rispetto a quello leopoldino. Molti degli edifici requisiti vennero successivamente lasciati in usofrutto da parte dello Stato ai vari Ordini religiosi (ad esempio Santa Croce ospita ancora oggi i Francescani).

Soppressione dell’Unità d’Italia - 1860-1866: La dichiarazione dell’Unità d’Italia eliminò tutto ciò che di ecclesiastico era sopravvissuto.

Tutte queste soppressioni hanno fatto sì che oggi sia difficilissimo trovare documenti nelle sedi originarie, la maggior parte di questi è confluito nell’Archivio di Stato di Firenze. Tra i documenti possiamo trovare inventari dei beni requisiti, memoriali di ecclesiastici e laici (spesso i privati lasciavano i propri beni, compresi gli archivi di famiglia, agli enti religiosi) e anche notizie riguardanti le botteghe (condizioni di affitto, lavori effettuati ecc..), che erano principalmente di proprietà di questi ordini (è questo il caso della Badia fiorentina che possedeva la maggior parte delle botteghe circostanti). Spesso gli affitti erano pagati dagli artefici in natura (ad esempio con codici miniati) per cui a volte le committenze erano affidate dai religiosi non ad un maestro particolarmente prediletto, ma ad un affittuario moroso.