Museo diocesano di Santo Stefano al Ponte Firenze

Viaggio nel museo diocesano di Santo Stefano al Ponte: qui sono custoditi disegni e modelli degli abiti di decine di ordini religiosi. Una collezione rara, tra tuniche e vezzi sartoriali. Mancano le mutande, immorali fino alla fine del Seicento. Sessantadue figurini di pret-à-porter per una 'sfilata di moda ecclesiastica' maschile.

Una collezione rara e particolarissima di abiti monacali appartenenti a vari ordini religiosi e di epoche differenti. Stiamo parlando di acquarelli su carta che risalgono alla prima metà del Settecento. Osserviamo e ci facciamo una cultura. I Frati Predicatori indossavano l'abito bianco. Gli Agostiniani la tonaca di lana nera. I Carmelitani una curiosa cappa barrata con strisce di vario colore. Per i Servi di Maria tonaca nera, cintura di cuoio, cappuccio e cappa.
Un capitolo a parte meritano gli indumenti intimi.

La sottoveste interna, poteva essere fatta di ruvidi peli di capra, come una sorta di cilicio. Le mutande saranno ritenute immorali fino alla fine del Seicento. Si ignora se l'autore fosse un monaco o un pittore vero e proprio, comunque sia un artista che aveva non poche qualità di miniaturista e ritrattista. Di sicuro si sa che la collezione apparteneva al monastero benedettino della Badia fiorentina e ha traslocato al Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte nel 1995, chiesa dove tuttora sono custodite. Insieme ad altri tesori trasferiti da chiese dismesse o a rischio furti.
Oggi una parte degli acquarelli (32 modelli) è esposta alla base del campanile in mezzo a preziosi capolavori di arte sacra. Si tratterebbe - ci racconta Don Sergio Pacciani - di una sorta di prontuario utilizzato dalla sartoria che confezionava gli abiti. Un catalogo insomma.

I modelli non sarebbero cioè serviti solo a documentare i vari ordini religiosi. Sembra che tra le varie categorie di artigiani che avevano una bottega nella Badia, i Sarti avessero formato una vera e propria compagnia che si riuniva all'interno della celebre cappella Pandolfini. Forse proprio la Compagnia di Sant'Omobono dei Sarti. A suffragare questa lettura uno dei 62 figurini risulta privo di monaco, vi è rappresentato solo l'abito studiato nei minimi dettagli. L'abito non fa il monaco. Ma stavolta pare di si, almeno nel titolo del libro di Mercanti e Straffi edito nel '96, Quando l'abito faceva il monaco. che racconta la singolare storia dei 62 acquerelli.

Ma le meraviglie di Santo Stefano al Ponte non finiscono qui. Intanto siamo nel cuore del centro storico, a due passi da Ponte Vecchio, eppure la deliziosa piazzetta è un gioiellino che resta fuori dai circuiti standard del turismo, un'inaspettata oasi nel marasma. La chiesa, che risale al 1116, viene aperta solo per i concerti della Curia arcivescovile.
A navata unica, ha uno scenografico presbiterio, quasi un fondale teatrale. E sotto una splendida cripta. Nel museo diocesano sono esposti anche vari dipinti di pregio. La tavola di Giotto, proveniente dalla chiesa di San Giorgio alla Costa; la predella di Quarate di Paolo Uccello, San Giuliano di Masolino, e un trittico di Filippo Lippi raffigurante Cristo in pietà. L'ingresso è libero. Ma attenzione è aperto solo il venerdì pomeriggio.

Fonte: Quotidiano Il Firenze del 12 Maggio 2008

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