Manicomio di San Salvi Firenze

Manicomio fino alle legge Basaglia del 1978, adesso ospita un campo scuola, uffici della Asl e la villa degli anarchici. I Chille della balanza lo trasformano spesso in un palcoscenico: 'Qui non erano rinchiusi soltanto i matti'. L'ospedale psichiatrico nacque nel 1890, dopo che fu trasferito da via San Gallo. Nel '68 servizi fotografici choc.

Manicomio. Il vocabolo in se mette già a disagio. Un gigantesco manicomio. 32 ettari per 20 padiglioni. Un luogo per 'dare ordine alle menti disordinate'. Vi sono state rinchiuse fino a 4.000 persone in condizioni da 'lager'. Due affermati fotografi italiani, Carla Cerati e Gianni Berengo Gardin, nel 1968 documenteranno in un agghiacciante reportage fotografico la situazione di San Salvi, 'immagini dure di donne e uomini prigionieri, incarcerati, legati, puniti, umiliati, ridotti a sofferenza e bisogno'.

All’epoca della sua fondazione - siamo nel settembre del 1890 - Firenze contava circa 170 mila abitanti. Se ne dedurrebbe che c’era un matto ogni 40 fiorentini. E svelare le cause dell’anomalia è Claudio Ascoli, che a San Salvi, con la sua ormai arcinota compagnia teatrale Chille de Balanza, ci sta da più di 10 anni.

E ormai ne conosce tutti i segreti. 'Ho scoperto che in realtà non erano tutti matti quelli chiusi qui. C’erano una serie di categorie che non c’entravano affatto coi matti' i poveri (soprattutto se donne, e ancor di più se ragazze madri), gli omosessuali e coloro che avevano denunciato cose assurde (è stata trovata la lettera di una mamma rivolta al professore che gestiva San Salvi, diceva 'faccia uscire mio figlio perché abbiamo ritirato la denuncia': suo figlio aveva denunciato un ministro per tangenti sui lavori della ferrovia).
Il complesso di San Salvi è nato 1890 in sostituzione del vecchio ospedale psichiatrico di San Bonifazio, che si trovava in via San Gallo al posto della Questura. Lo ha fortemente voluto lo psichiatra Tamburini, un’eminenza nel suo campo, che ha affidato il progetto all’architetto Giacomo Roster, lo stesso del Tepidarium in via Bolognese. Su richiesta di Tamburini, sono state realizzate delle particolari volte a quattro per avere il massimo effetto di rimbombo ed evitare la comunicazione tra i degenti (le stesse che troviamo in molti manicomi dell’800, come a San Remy dove era rinchiuso Van Gogh). E San Salvi, nel gennaio del 1918 è stato ricoverato il poeta Dino Campana, che vi è rimasto ben 14 anni. I vari padiglioni di San Salvi sono tutti collegati da un camminamento che era destinato agli psichiatri.

I medici davano le terapie guardando i 'matti' dall’alto del camminamento come si potrebbe guardare gli animali allo zoo. Il complesso aveva il suo deposito d’acqua per essere autosufficiente. La ciminiera che vediamo è quella del riscaldamento che, in modo avveniristico per l’epoca, scaldava tutta l’area di San Salvi con molto risparmio. Il problema è che non era stato previsto nessun sistema per sezionarlo.
Per molto tempo, dopo la chiusura dei manicomi nel 1978 con la legge Basaglia, si sono spesi 1 miliardo e 200 milioni di vecchie lire per riscaldare un'area praticamente vuota. Oggi qui c’è un po’ di tutto, dal campo scuola di Vigilandia ai vari di distaccamenti di Asl e quant’altro. Ma è inevitabile notare che in alcune aree il degrado raggiunge livelli di totale indecenza. E non manca neanche la parte 'occupata' di 'Villa Panico'.

Fonte: Quotidiano Il Firenze del 16 Febbraio 2009

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