Arti e Corporazioni Firenze

Le corporazioni delle arti e mestieri erano delle associazioni create a partire dal XII Secolo per regolamentare e tutelare le attività di appartenenti ad una stessa categoria professionale o di categorie affini.
Fin dalle civiltà più antiche (cinese, assiro-babilonese, greca, romana) sono attestate associazioni di coloro che praticavano mestieri simili, che si riunivano per avere maggior peso all’interno della società civile. Dopo la caduta dell’Impero Romano, si assiste, fino all’avvento dei Comuni, ad un periodo in cui i mestieri passarono sotto la guida dei monasteri, che producevano manufatti di ogni tipo.

Le prime corporazioni a costituirsi sono quelle artigiane che nel corso del ‘200 riuscirono ad inserirsi e ad assumere un ruolo guida nelle istituzioni cittadine, estendendo il loro controllo a funzioni di natura pubblica(come quello sui pesi e le misure e la sorveglianza delle strade).

A Firenze la prima di cui si ha notizia è Calimala nel 1150; le origini della parola che dà il nome alla corporazione sono incerte, si pensa possa derivare dal latino stradaccia (in effetti, le botteghe si trovavano in un’antica strada stretta e affollata) o dal greco bella lana. La corporazione importava tessuti di lana che, provenienti dall’Africa, venivano lavorati in Inghilterra e perfezionati a Firenze, rimettendoli sul mercato a prezzi molto più alti.

Tra il 1150 e la fine del ‘200 Firenze stabilizza le proprie Arti in un numero abbastanza limitato(21) rispetto ad altre città italiane perché tendevano a riunirsi in associazioni il più grandi possibile per avere maggior peso all’interno della società urbana. Non sappiamo con sicurezza il motivo di alcune fusioni tra corporazioni ma in alcuni casi esistono ipotesi probabili: ad es. gli orafi confluirono con l’arte della seta perché anch’essi producevano beni di lusso e si pensa che i pittori si unirono ai medici speziali perché ricavavano da questi i pigmenti per le opere.
Mentre Firenze riconobbe nelle corporazioni la struttura portante della propria dirigenza politica altrove, dove la Repubblica e i Comuni ebbero vita breve a favore di altri poteri centralizzati, come le aristocrazie locali, ebbero importanza secondaria.

Le prime corporazioni a svilupparsi a Firenze furono: due gruppi della lana (Calimala e Lana), pellicceria di lusso, cambiatori (banchieri), giudici e notai, seta. Sotto l’etichettatura di alcune corporazioni si nascondono mestieri artistici: se ad esempio si vuole cercare chi creava vasi bisogna cercare chi faceva i contenitori alimentari in genere (vinai e oliandoli), così come alcune categorie, apparentemente estranee alla storia dell’arte, producevano manufatti di qualche valore estetico o ne fornivano i materiali (come i beccai che fornivano le pelli per le pergamene).
Un’arte diffusissima nella seconda metà del ‘400 fu quella della produzione di manufatti in cera; il centro di questa produzione era in via dei Servi, posizione ottimale considerato che le candele servivano soprattutto come ex voto per la chiesa di Santissima Annunziata. Anche il Verrocchio e Benedetto e Giuliano da Maiano operavano in questa zona in botteghe che lavoravano contemporaneamente con più materie prime come cera, bronzo, terra cotta, ecc..

Alcune attività praticate a Firenze dal Medioevo al Rinascimento si sono riscoperte proprio avvalendosi delle fonti archivistiche in particolare per quello che riguarda i settori della ceramica e del vetro. Per lo studio della ceramica è fondamentale l’opera monumentale dello studioso Galeazzo Cora che raccoglie documenti scritti e studia rilevamenti materiali.

Sul territorio fiorentino ci sono località che avrebbero dovuto far pensare alla massiccia presenza di queste produzioni: Montelupo (terracotta invetriata) e Impruneta (terracotta grezza). Ci sono poi dei vetri ritrovati in scavi archeologici; i maestri vetrai fiorentini erano molto apprezzati e se ne trovano in tutta Italia e anche fuori (soprattutto zona ex Jugoslavia). Si pensa che perfino il vetro di Murano abbia origini fiorentine. Due centri importanti per questo tipo di produzione sono Gambassi e Montaione.

L’iconografia storico-artistica è da considerarsi come un documento; infatti, gli artefici si ispiravano a oggetti reali per avere maggior presa rispetto al pubblico contemporaneo. Nonostante questo molti studiosi di storia dell’arte hanno considerato prevalente la fantasia dell’artefice rispetto al realismo e, quindi, il valore documentario delle fonti iconografiche è stato negato. Sono molti i settori dei quali possediamo una ricca documentazione sebbene rimangano sconosciuti a causa della mancanza di ritrovamenti archeologici; questa sorte accomuna soprattutto i manufatti realizzati con materiale deperibile fra cui i ricami e gli avori (la famiglia degli Ubriachi, o Embriachi, si trasferì da Firenze a Venezia trasportando questa capacità lavorativa ed impiantando basi commerciali importanti). Importanza di Firenze anche nella produzione di armi, settore poco indagato ma fiorente, soprattutto nella zona di Montevarchi.

Ogni corporazione aveva in tutela un determinato edificio di funzione pubblica e di particolare rilievo nella città; a Firenze esisteva un vero e proprio tempio delle Arti: Orsanmichele (oratorio dedicato a San Michele) che nasce come mercato delle granaglie ed era una loggia con all’interno un’immagine della Madonna particolarmente venerata, che sarà poi la causa della sua trasformazione in edificio sacro; da qui deriva la forma atipica a parallelepipedo definita dalla chiusura della loggia con le pareti. L’originaria funzione di granaio continua però a sopravvivere al piano superiore dove si conservava il grano per i periodi di crisi e carestie.
Il Duomo era tutelato dall’Arte della Lana, una delle maggiori forze fiorentine, l’edificio è definibile come 'Opera' perché gestita dagli 'operai' (amministratori). Grande potenza economica aveva anche l’Arte di Calimala, patrona del Battistero, di San Miniato al Monte e della sagrestia di Santa Croce. La corporazione dei Giudici e Notai controllava Sant'Ambrogio e l’Ospedale di San Paolo (porticato di fronte a Santa Maria Novella); quella dei Medici e degli Speziali, che comprendeva anche i pittori, aveva cura della chiesa di San Barnaba (in via Guelfa). La manutenzione di questi edifici avveniva grazie a contributi in denaro degli appartenenti delle corporazioni stesse.