Caravaggio

Caravaggio
Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610), soprannome di Michelangelo Merisi nato a Bergamo nel 1571 o a Milano nel 1571, è il maggiore pittore italiano del 1600 e uno dei massimi di tutti i tempi. Il padre,Fermo Melisi, era maestro di casa e architetto del marchese di Caravaggio. Sicuramente ebbe una buona educazione ma nel 1577 muore il padre di peste. Nei suoi anni di apprendistato si muove sulle esperienze della pittura lombardo-veneta, in particolare di artisti quali Giovan Gerolamo Savoldo o Giovan Battista Moroni, nei quali compare già un controllo dell’effetto cromatico-luminoso che potremmo definire, a posteriori, di caravaggesca sensibilità. Nel 1593 Caravaggio giunse a Roma per restarvi fino al 1606. In questi tredici anni di soggiorno romano l’artista maturò la sua grande cifra stilistica, che lo portò ad essere uno dei maggiori riferimenti di tutta la pittura europea del XVII secolo e oltre.

Qui il pittore avrebbe stretto rapporti di amicizia con Lorenzo Siciliano, mercante di quadri e artista, e sarebbe stato ospitato da Pandolfo +Pucci, maestro di casa della sorella del pontefice Sisto V. Lavora presso alcuni pittori locali il più noto è Cavalier D'Arpino, specializzato in affreschi e godeva di grande prestigio presso la città pontificia. Nel periodo in cui lavorava presso l'Arpino Caravaggio aveva composto alcune delle sue opere importanti quali Bacchino malato e il Ragazzo con canestro di frutta. Nel 1596 compone Canestro di frutta. Il 27 giugno 1600 Caravaggio viene nominato per la prima volta nel carteggio ufficiale riguardante l'opera di decorazione della Cappella Contarelli nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. L'artista aveva già composto opere come il Narciso, L'amore vittorioso, Il sacrificio di Isacco. Il 1602 è la volta di un’opera considerata tradizionalmente tra le più 'caravaggesche', si tratta della Deposizione nel sepolcro. A Roma condusse una vita sregolata, segnata da episodi non sempre chiari, fino a quando, il 29 maggio 1606 uccise un ragazzo per un banale litigio. Fu quindi costretto a fuggire e cominciò una peregrinazione che si chiuse, quattro anni dopo, con un epilogo non felice. Fu prima presso i Colonna dove realizzò altre importanti opere come Madonna dei Palafrenieri, Morte della Madonna, Il David con la testa di Golia. Dopo essersi stabilito per un anno a Napoli dove compose opere come La flagellazione, Le sette opere di Misericordia, Madonna del Rosario, fu costretto a riparare a Malta, per sfuggire all'estradizione chiesta dallo Stato pontificio. Qui rimase per un certo tempo poi, per contrasti avuti con l'Ordine dei Cavalieri di Malta, fu costretto a fuggire nuovamente. Si portò in Sicilia dove si spostò tra Siracusa, Messina e Palermo. Nell'ottobre del 1609 fu di nuovo a Napoli e qui, dopo alcuni mesi, fu riconosciuto da alcuni Cavalieri di Malta e ferito in un agguato. Dopo essersi ripreso dalle gravi ferite, fu raggiunto dalla notizia che il papa gli avrebbe perdonato l’omicidio compiuto.

Si diresse verso Roma via mare e sbarcò a Porto Ercole. Qui fu arrestato e poi rilasciato dopo due giorni. Ma dopo aver constatato che era stato derubato di tutto, fu colpito da forti febbri e morì sulla spiaggia di Porto Ercole il 18 luglio 1610. Si concludeva così, a meno di quaranta anni, la vita di uno dei più grandi pittori mai esistiti, che passerà alla storia come il prototipo dell’artista maledetto: il genio che vive la sua vita al di là dei limiti, andando inevitabilmente incontro ad un destino tragico, perché non potrà conciliare diversamente la sua natura umana con la sua prepotente genialità.

Lo stile e le opere di Caravaggio

Le opere di Caravaggio sono divenute tutte celeberrime, e costituiscono ognuna un’icona stessa dell’arte pittorica, divenute modelli per infinite ispirazioni. Ma, dovendo sintetizzare l’enorme contributo che Caravaggio diede alla pittura europea del suo tempo, due sono i punti di maggior forza ed interesse: il realismo e l’effetto-notte.

La prima grande novità della sua pittura è che Caravaggio non trasfigura mai i suoi soggetti. Se egli prende un ragazzo di strada per farlo posare come modello per un Bacco, nel quadro che realizza, il Bacco rappresentato avrà le fattezze precise del modello: non un’astratta immagine convenzionale che possiamo attribuire al dio greco, ma il ritratto sputato di un ragazzo del primo Seicento.

Questo realismo così intenso ed esasperato nasceva da una posizione concettuale molto distante dai precetti pittorici rinascimentali. Il pittore non era tenuto a conoscere la geometria precisa (conoscibile solo intellettualmente) dei corpi e dello spazio che rappresentava, ma ad osservare attentamente solo ciò che l’occhio proponeva alla visione. Le posizioni sono antitetiche: in un quadro rinascimentale vi è la chiarezza dell’immagine, che è chiara nella sua struttura interna anche se non sempre visibile. Nei quadri di Caravaggio l’immagine è solo ciò che appare dalla visione: ciò che non si vede non interessa. Un’attenzione così puntuale ed intensa a cogliere il dato visibile gli impedisce qualsiasi idealizzazione o trasfigurazione del reale. La sua pittura ha un’aderenza così intima e totale alla realtà che con lui, in pratica, nasce il realismo nella pittura moderna. E ne deriva una diversa concezione estetica: l’arte non è più il luogo dove la realtà trova un ordine nuovo basato sulle aspettative di bellezza e perfezione dell’animo umano, ma il luogo dove la realtà ci assale con tutta la sua drammaticità. La vita è il luogo delle contraddizioni: l’arte, perché è finzione, può risolverle e superarle (e questa è la posizione idealista), oppure può semplicemente rappresentarle (e questa è la posizione realista).

Nei quadri di Caravaggio un’attenzione particolare è sempre riservata alla luce. Non poteva essere diversamente visto che egli perseguiva una pittura realista. Ma il dato stilistico che egli inventa è l’abolizione dello sfondo per circondare le immagini di oscurità. Ottiene così un effetto molto originale: le sue immagini sembrano sempre apparizioni dal buio. Le figure appaiono grazie a sprazzi di luce: una fiaccola, uno spiraglio di finestra aperta. In questo modo l’immagine che si coglie è solo una parte della realtà: solo quel tanto che la debole illuminazione ci consente di vedere. Il resto rimane avvolto dall’oscurità, ossia dal mistero. È il buio che domina in queste immagini, quasi ad accentuarne la drammaticità. Perché questo buio è una specie di notte calata sul mondo, per assorbirne i lati più gradevoli, e lasciarvi solo paura e terrore.

Il buio è il luogo stesso delle nostre angosce e paure nei confronti di dolori, morte, sofferenze. I quadri di Caravaggio ci riportano proprio a questo territorio: è la pittura più drammatica mai vista fino a quel tempo, e rappresenta inevitabilmente quella oscurità, fatta di inquisizione e terrore, che sembra calata sulle coscienze dopo l’avvento della Controriforma.

Michelangelo Merisi, affronta il problema esistenziale dell’uomo,il suo dramma nella ricerca della verità,una verità non imposta dall’alto. Caravaggio,emette giudizi morali sulla realtà, per mezzo della luce lasciando il resto nell’ombra. Infatti,utilizza la luce in maniera teatrale,i punti luce vengono utilizzati per rappresentare i punti salienti del suo sviluppo narrativo, si occupa di una pittura di genere e analizza la realtà in profondità.

Canestra di frutta. Unico esempio di natura morta,dove l’umile oggetto naturale diventa protagonista,rivelandosi contro il fondo chiaro compatto,vivendo plasticamente,per i rapporti tra luci e ombre,per il brillio degli acidi d’uva,per la rotondità lucente della mela,del limone e della pesca,per la rugosità dei fichi ,per il distendersi delle foglie. Rapporto reciproco dei colori,la canestra assume una vitalità intensissima. I frutti da lontano sembrano rigogliosi ma avvicinandosi questa natura morta sembra avvizzirsi,sembra quasi opaca.

Riposo nella fuga in Egitto. Ancora Caravaggio non ha scoperto la luce. L'angelo ha ancora un tocco manieristico. L'attenzione dello spettatore si concentra soprattutto sull'umanità di Giuseppe e di Maria,non tanto sulla loro sacralità. L'asinello sta tra l’angelo e Giuseppe con umanità, il suo viso ha un espressione buona. Tutte le creature davanti a Dio hanno lo stesso valore.

San Matteo e l’angelo. Caravaggio comincia ad utilizzare la penombra. Sono in realtà due le opere di San Matteo e l’angelo. La prima versione di questa tela due è in bianco e nero,e fu rifiutata dai preti per la sua volgarità,ciò avvenne perché il santo era presentato come un contadino analfabeta materialmente guidato dall'angelo(accovacciato) nello scrivere il testo sacro, quella figura non aveva decoro, dava ad un santo l'immagine di un vagabondo poiché tutti gli uomini sono uguali davanti a Dio. La seconda versione, di grande bellezza, raffigura invece San Matteo vestito più dignitosamente che, penna in mano, fissa lo sguardo sull'angelo volteggiante sopra al suo capo intento a spiegargli cosa scrivere.
Il dito indica la Creazione di Adamo, vuole trasmettere energia, vuole trasmettere il messaggio di Dio. Di sicuro questa seconda versione è più rispettosa dell'idea cristiana di ispirazione che non fa tanto riferimento ad una pretesa dettatura o preesistenza divina del testo.

Vocazione di San Matteo. Rappresenta il momento culminante della chiamata del peccatore, disposto a pentirsi ed a cambiare nome e vita. Qui il protagonista è l'avido esattore delle tasse Matteo seduto al tavolo con quattro uomini della sua specie nel chiuso di una buia stanza dalla cui finestra ben in vista non filtra un solo raggio di sole. Sulla destra il Cristo lo chiama con un gesto della mano ma soprattutto lo colpisce con la luce della grazia salvifica. Questa fonte spirituale che colpisce tutti e cinque i gabellieri è la trasposizione pittorica della tesi cattolica del libero arbitrio secondo cui l'uomo, una volta che gli è stata manifestata la luce del Cristo, può scegliere se seguire o meno la via della salvezza. Due dei compagni di Matteo, infatti, si voltano verso il Cristo mentre gli altri due non distolgono nemmeno per un secondo lo sguardo dai soldi appena intascati. La risposta subitanea di Levi, il cui gesto della mano rivela tutto lo stupore di chi comprende di essere stato chiamato, lo porterà a seguire Gesù con il nome di Matteo. E’ l'opera più rappresentativa in cui Caravaggio fa uso della luce come strumento comunicativo, essa proviene dall'alto e la porta sembra quella di una cantina,rappresenta un momento di trasmissione di un messaggio a domanda risposta,è un messaggio di Dio dove Gesù è il mediatore. La mano di Gesù ricorda la creazione di Adamo.

Crocifissione di San Pietro. Sono rappresentate solo quattro persone: la vittima inchiodata, la testa sollevata per eseguire il martirio e i tre ragazzini che stanno capovolgendo la croce,uno tirandola con la corda, un altro sollevandola con le braccia e il terzo puntellato a terra con le mani e le ginocchia la spinge in alto con le spalle. I quattro uomini sono disposti secondo le diagonali della tela,imprimendo alla composizione un moto rotatorio molto lento e faticoso. Anche qui la luce dona ad essi lo stesso plasticismo, distinguendoli dall'ombra anonima.

La morte della Vergine. Il quadro inizialmente venne rifiutato, si credette di riconoscere nella Vergine l’immagine di una donna (morta gonfia), forse incinta o forse una prostituta annegata nel Tevere. L’opera era sconcertante: Maria è sdraiata su un’asse con le gambe un po' scoperte; davanti a lei una ragazza del popolo,seduta su una piccola sedia rozza,la testa china sul grembo,piange sconsolatamente; intorno vi sono gli apostoli addolorati, anch'essi tratti dal popolo. La tela era priva di quel decoro che avrebbe dovuto accompagnare la rappresentazione delle figure sacre. La scandalo fu generato, più che dal realismo dei personaggi, dalle novità pittoriche: l'indefinizione spaziale; l’illuminazione che scende da sinistra,colpendo le curve teste calve degli apostoli piangenti,il corpo di Maria inerte,privo di vita e le spalle della giovane in primo piano; i toni bruni e rosseggianti delle stoffe:la teatralità della rappresentazione con il tendaggio sollevato come un sipario e il soffitto cassettonato.

Davide e Golia. Assume un significato particolare quando si osserva che Caravaggio ha ritratto se stesso nella testa spiccata di Golia, e nel malinconico e sensuale Davide, con la spada non casualmente poggiata sul pube. Rappresenta Davide quasi bambino alla prese con i capelli di Golia, è intento a costruire il suo trofeo con la testa mozzata. In angolo a sinistra si vede il pugno di Golia ancora stretto. Il volto di Golia è un autoritratto del pittore. Viene identificato come una sorta di doppio autoritratto.

Bacco. Bacco è un dipinto ad olio su tela realizzato tra il 1596 ed il 1597. La rievocazione della divinità pagana, alla quale si riferiscono tutti gli attribuiti della composizione, avviene in un'atmosfera di luminosa chiarezza che evidenzia la verità e la naturalezza del modello. Bacco viene rappresentato con una corona in testa fatta di uva e foglie di vite mentre alza un calice di vino, in primo piano vi è una natura morta. Maurizio Calvesi ha proposto di interpretare i quadri di genere allegorico-mitologico come delle vere e proprie "Metamorfosi poetiche del tema sacro", in accordo con la coeva concezione esoterico-religiosa. In questo dipinto, l'androgina del soggetto è da intendersi come unione dei contrari e quindi armonia, propria del divino, mentre il Bacco, Dio morto e risorto, preannuncia simbolicamente la venuta e i sacrifici di Cristo, che offre il calice della salvezza, come il Bacco che qui offre il calice.

Sette opere di Misericordia. Sette opere di Misericordia è un dipinto ad olio su tela realizzato nel 1607. Raffigura su una grande pala le Sette opere di Misericordia: le sei enunciate da Cristo nel Vangelo di Matteo e la sepoltura dei morti che, a seguito della recente carestia, era diventata un problema importante per la città di Napoli (la città dove realizza questo quadro).

Davide con la testa di Golia. Davide con la testa di Golia è un dipinto ad olio su tela realizzato tra il 1605 ed il 1606. Da dietro uno scuro tendaggio emerge per tre quarti Davide, ancora con la spada in mano, fieramente intento ad osservare la testa di Golia che espone, ancora sanguinante, dopo la decapitazione. In molti riconoscono nella fisionomia di Golia i lineamenti del Caravaggio, che nel periodo in cui dipinse il quadro si trovava fuggitivo da Roma per omicidio.

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